La ricerca del lavoro? Secondo Eurostat in Italia una questione privata.

di Redazione 24/02/2016 ECONOMIA E WELFARE
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Il mercato del lavoro in Italia, i dati, le analisi, le ricerche dipingono un quadro sempre interessante, mai scontato e soprattutto utile per capire la nostra società. L’ultimo report di Eurostat, l’Istituto europeo di statistica, a riguardo dei canali di ricerca del lavoro nel terzo trimestre 2015, evidenzia un’anomalia tutta italiana per quanto riguarda la ricerca del lavoro. Soltanto il 25,9% dei disoccupati, quindi un quarto, cerca un nuovo posto di lavoro tramite i centri per l’impiego, ossia il canale pubblico ufficiale, gli altri si rivolgono a parenti e amici.

 Un dato giustificato da un lato dalla sfiducia verso i centri per l’impiego, sfiducia non del tutto immotivata visto che statisticamente le percentuali di riuscita di trovare un lavoro tramite questo canale sono ancora basse, dall’altro per la consueta abitudine a rivolgersi ai canali familiari per qualsiasi problema, tipica della nostra società.

 Dai dati emerge infatti come, in Italia, la fiducia verso i centri per l'impiego è la più bassa in tutta Europa dopo la Turchia. Il Paese dove si utilizzano meno i canali informali è la Svezia (25,3%). In Svizzera i disoccupati usano i canali amicali solo nel 17,9% dei casi. In Germania le percentuali dicono che il 75,8% dei senza lavoro  si rivolge ai centri pubblici per l'impiego e appena il 39,6% che chiede a conoscenti. Nell'Unione europea a 28 il 46,7% dei disoccupati utilizza i centri pubblici per l'impiego mentre il 71,1% afferma di chiedere anche ai conoscenti (dati ovviamente disaggregati, perché includono entrambi le possibilità di ricerca).

Per quanto riguarda le agenzie private, da noi ci si rivolge il 15,6% a fronte di una media europea del 22,3% di coloro che cercano un lavoro. Infine, è del 69% la percentuale di coloro che si offrono direttamente per un impiego (61,1% media europea) e del 31,9% la percentuale di coloro che dichiarano di rispondere ad annunci o pubblicarli (44,1% in media nell'Ue 58,9% in Germania).

 


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